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Per quale motivo in tutti i continenti, anche nell’avanzatissimo Nord America si possono trovare alberi millenari mentre in Europa si trovano solo degli alberi secolari e quindi relativamente giovani?
La chiesa cattolica nel corso della sua storia ha sempre lottato per imporre come verità assoluta il proprio credo e i propri dogmi, in alcuni casi inglobando i credi e i culti preesistenti nei territori in cui si è affacciata, il Natale ne è un esempio. Durante lo svolgimento del Concilio di Nicea del 325 d.C. si stabilì la data esatta della nascita di Gesù il 25 dicembre. Il giorno del Natale in antichità era conosciuto come il giorno del Sol Invictus, un culto che ebbe origine in oriente.
La celebrazione del Sol Invictus prevedeva che i celebranti, ritiratisi nei santuari, uscissero alla mezzanotte, annunciando che la vergine aveva partorito il sole, il quale veniva rappresentato come un infante. Lo stesso imperatore Costantino era un cultore del Sol Invictus, tanto che nel 321 d.C. coniò delle monete raffigurandone l’immagine con l’iscrizione “Soli Invicto Comini” .
Nel 330 d.C. l’imperatore Costantino emanò un decreto facendo coincidere la “nascita” di Gesù con Sol Invictus, ma solo con l’editto di Tessalonica del 380 d.C si stabilì che la religione di stato era il cristianesimo. Un altro interessante riferimento al culto solare lo si può ritrovare nel giorno della domenica. Prima del cristianesimo questo giorno della settimana era chiamato “dies soli” ovvero il “giorno del sole”, questo antico riferimento lo troviamo ancora nella lingua inglese, la domenica si chiama sunday ovvero sun=sole, day=giorno. Nel 383 d.C. questo giorno della settimana venne dedicato al Signore e quindi chiamato dies dominica (giorno del signore), ora chiamato domenica.
Nonostante il potere della chiesa cattolica, non sempre riuscì ad imporre il proprio credo, soprattutto nei villaggi, nelle campagne, lontano dalle città, dove sopravvivevano elementi quali l’erboristeria, la magia, le pratiche sciamaniche e le feste popolari. I contadini andavano a messa e recepivano fino ad un certo punto gli insegnamenti e i dogmi cristiani. In parallelo, mantenevano condizioni ataviche, legati al potere e al contatto con la natura.
Gli antichi culti avevano come centralità il rispetto della natura e l’osservazione dei suoi ritmi, ovviamente gli alberi, i boschi sacri e i massi erratici erano considerati templi e santuari: luoghi di alta concentrazione energetica e forza primordiale.
Non riuscendo a sovrapporsi a questi antichi culti, la chiesa cattolica decise di estirparli alla radice, quindi cominciò la propria battaglia contro la natura e nello specifico contro gli alberi secolari.
Come si legge nella lettera di Gregorio I indirizzata alla regina Brunichilda nel 597 d.C., alle popolazioni era “fatto divieto di compiere sacrifici nei boschi o sotto particolari alberi, di pronunziare o di sciogliere determinati voti, di accendere candele o di appendere agli alberi simulacri di arti malati nella speranza della loro guarigione”.
In questi secoli la lotta contro gli alberi e la loro estirpazione venne sancita nei concili provinciali di Arles 452 d.C. – Tours 567 d.C. – Nantes 568 d.C. nei quali si decretava contro l’adorazione di fonti, alberi e pietre e quindi ne si richiedeva la loro estirpazione.
Le testimonianze di questo eccidio sono numerose: Sant’Amandus nel VII secolo taglio un albero sacro nella Bassa Franconia, San Barbatus un albero venerato dai Longobardi, San Bonifacio fece abbattere una quercia.
Carlo Magno nel 794 ordinò “de arboribus et lucis de struendis observeturs auctoritas” in quell’occasione vennero distrutti numerosi boschi e alberi sacri, e come scrive Egilio “tagliarono boschi sacri e vi costruirono sante basiliche”.
opere:
quadri + sculture con i fossilizzati
Plinio Il Vecchio nella sua opera Naturalis Historia:
«Le querce per la loro smisurata invadenza nel crescere occupano addirittura il litorale e, a causa delle onde che scavano la terra sotto di esse o del vento che le sospinge, si staccano portando con sé grandi isole costituite dall’intreccio delle loro radici: restano così dritte, in equilibrio, e si spostano galleggiando. La struttura dei grossi rami, simile a un armamentario velico, ha spesso creato lo scompiglio nelle nostre flotte quando le onde sospingevano questi isolotti, quasi di proposito, contro la prua delle navi alla fonda di notte; ed esse, non riuscendo a trarsi d’impaccio, ingaggiavano uno scontro navale contro delle piante. Sempre nelle regioni settentrionali la selva Ercinia con le sue querce di enormi dimensioni (lasciate intatte dallo scorrere del tempo e originate insieme con il mondo) è di gran lunga, per questa condizione quasi immortale, il fenomeno più stupefacente. Per non stare a menzionare altri fatti che non suonerebbero credibili, risulta effettivamente che le radici, arrivando a fare forza l’una contro l’altra e spingendosi indietro, sollevano delle colline; oppure, se il terreno non le segue spostandosi, s’incurvano fino all’altezza dei rami e formano degli archi a contrasto come portali spalancati, tanto da lasciare il passaggio a squadroni di cavalleria».